Nell’articolazione del ginocchio si affrontano le superfici articolari del femore (condili femorali) e della tibia (piatto tibiale). I condili femorali hanno forma convessa mentre il piatto tibiale è più pianeggiante per cui vi è una certa incongruenza fra i capi articolari, sebbene la situazione sia migliorata dalla presenza dei due menischi posti fra femore e tibia. Ne consegue che la stabilità del ginocchio dipenda soprattutto dalla corretta funzione del suo complesso apparato legamentoso.
Il legamento crociato anteriore e il legamento crociato posteriore sono due strutture fibrose molto resistenti che si trovano al centro del sistema legamentoso del ginocchio, la loro funzione è di stabilizzare l’articolazione, soprattutto nei movimenti di rotazione e il controllo della complessa meccanica del movimento di flessione ed estensione del ginocchio.
Di conseguenza la mancanza funzionale dei legamenti crociati ed in particolare del crociato anteriore, oltre a provocare instabilità articolare, altera la meccanica articolare del ginocchio provocando a lungo andare danni alle altre strutture articolari (cartilagine e menischi) con conseguente evoluzione verso un quadro di artrosi del ginocchio. In passato la lesione del legamento crociato anteriore era etichettata come l’inizio della fine del ginocchio.
Nella traumatologia dello sport la lesione del legamento crociato anteriore risulta essere una delle patologie più frequenti in atleti di tutte le età e di tutti i livelli. Si osserva soprattutto nei calciatori e negli sciatori che più frequentemente sono esposti a traumi distorsivi che provocano rotazioni forzate del ginocchio o una sua forzata estensione.
La lesione può avere gravità differente, può essere parziale o completa e soprattutto può essere associata a lesione di altre strutture legamentose del ginocchio con conseguenti instabilità complesse, possono inoltre, essere presenti anche lesioni dei menischi o della cartilagine articolare che complicano ulteriormente il quadro clinico.
Sintomi
Il paziente riferisce la sensazione improvvisa di cedimento del ginocchio associata a dolore, talvolta sensazione di schiocco, successivamente, in tempi anche brevi il ginocchio si gonfia per il sanguinamento a livello della lesione.
Solitamente la tumefazione e il dolore si risolvono in poche settimane, ma permane l’instabilità articolare
Diagnosi
La diagnosi è essenzialmente clinica, lo specialista è in grado di apprezzare l’instabilità con manovre manuali. Tuttavia un esame radiografico e una Risonanza Magnetica dovranno essere eseguite per valutare eventuali lesioni dell’osso, della cartilagine, dei menischi e delle altre strutture legamentose.
Trattamento
Il trattamento inizialmente, salvo casi particolari o casi di lesioni legamentose complesse, è sempre conservativo. Gli obiettivi sono la risoluzione dell’infiammazione, il recupero del movimento e il mantenimento del trofismo muscolare. A tale scopo un programma di fisioterapia va iniziato al più presto.
Successivamente si pone il problema dell’instabilità articolare. Il trattamento può essere conservativo o chirurgico.
Nei soggetti giovani, negli atleti e in coloro che svolgano attività sportive o lavorative “a rischio“ l’indicazione è chirurgica. Nelle persone più attempata o che non svolgono attività sportiva si può impostare un trattamento conservativo consistente in esercizi di potenziamento muscolare ed esercizi per migliorare la funzione propiocettiva, ripiegando poi su una soluzione chirurgica qualora l’instabilità articolare residua fosse sintomatica (il ginocchio mi cede frequentemente) o dovesse limitare lo stile di vita in modo inaccettabile per il paziente (voglio continuare a sciare, ma con questo ginocchio non riesco).
Bisogna, comunque, ricordare che è necessario limitare il rischio di ulteriori episodi di cedimento del ginocchio che metterebbero a rischio di lesione le altre strutture articolari come cartilagine e menischi con conseguente possibile evoluzione verso una grave artrosi precoce del ginocchio.
La riparazione del legamento originario può essere eseguita raramente solo in casi particolari, altrimenti è gravata da un’alta percentuale di insuccessi.
Solitamente il trattamento consiste in una ricostruzione del legamento sostituendolo con un tendine del soggetto stesso, prelevato dal terzo centrale del tendine rotuleo, dal tendine quadricipitale o i tendini flessori gracile e semitendinoso. In casi particolari si può utilizzare anche un tendine da donatore (allotrapianto), in questo caso viene evitato il trauma del prelievo dal paziente, ma ci si espone a rischio di una più difficoltosa integrazione del trapianto oltre a problemi organizzativi ed economici.
La scelta del trapianto dipende dalla costituzione del paziente, dal tipo di attività fisica praticata e dall’età. In genere l’utilizzo del tendine rotuleo è preferito in atleti di alto livello, fisicamente ben strutturati e che non praticano sport di salto.
L’intervento mini-invasivo eseguito in artroscopia consiste nella sostituzione del legamento crociato anteriore originario con il trapianto prelevato che viene trascinato in articolazione tramite due tunnel ossei realizzati nella tibia e nel femore a livello dell’origine e dell’inserzione del legamento nativo. Il trapianto viene poi fissato all’osso dopo essere stato opportunamente tensionato.
Riabilitazione
L’esecuzione di un intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore non è proponibile senza il successivo programma di riabilitazione. Infatti l’obiettivo dell’intervento è permettere al paziente di tornare ad attività lavorative e sportive di un certo impegno cosa che non sarebbe possibile senza un adeguato programma riabilitativo.
Il programma riabilitavo varia a seconda del paziente e della tecnica chirurgica impiegata.
Gli obiettivi iniziali sono la risoluzione dell’infiammazione post operatoria, il recupero dell’articolarità e della forza muscolare per arrivare successivamente al recupero della funzione propriocettiva, ad un recupero atletico, dell’agilità e della tecnica sportiva.
Tempi di recupero
Il recupero all’attività della vita quotidiana non sportiva è di circa un mese.
In circa tre mesi è possibile la ripresa di attività basso impatto es,.nuoto, bicicletta, corsa.
L’attività agonistica non è ipotizzabile prima dei sei mesi, ma spesso tempi più lunghi 9- 12 mesi possono essere necessari.
In ogni caso tempi possono variare abbondantemente a seconda delle caratteristiche del paziente, delle sue esigenze e soprattutto dall’impegno nel seguire scupolosamente il programma riabilitativo e i consigli del chirurgo, del riabilitatore e del preparatore atletico.
STUDIO DR. BULGHERONI PAOLO ORTOPEDIA & FISIOTERAPIA | Via Grandi, 10 - 21100 Varese (VA)
Tel. 0332240943 | info@ortopediaefisioterapia.it
| P.I. 00708540125